In questo lavoro che non racconta una storia lineare, non ci sono dialoghi e neppure personaggi veri e propri: nello spazio spoglio di un palcoscenico si combatte, attraverso le azioni fisiche degli attori, le parole e la musica, una “guerra interiore che è poi la guerra del mondo”. Guerra è il bisogno di rappresentare la vita che nasce dalla marginalità, dalla malattia, dalla sofferenza e dalla diversità che sono qui gridate, danzate e giocate. Racchiude tante storie diverse: è un baraccone ambulante di persone che confluiscono dal mondo della ‘anormalità’, della follia e dell’handicap, e si riversano nel mondo magico del teatro.
Guerra si ispira all’Odissea. Come Ulisse, tutti i personaggi si perdono nel tentativo di cercare il centro dell’esistenza, si perdono nell’amore e nelle paure: sono uomini in guerra.
Parallelamente scorrono, riversandosi nelle parole a tratti rabbiose di Delbono, testi ‘sacri’ come l’”Ecclesiaste” o come le parole di Buddha, Che Guevara, in un cammino che conduce al mondo dei santi, dei rivoluzionari, degli eroi e dei martiri.