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Il risveglio melanconico di Pippo Delbono di Massimo Gonnelli - Fermata Spettacolo -

Domenica 17 Novembre 2024 12:14

FERMATA SPETTACOLO

Il Risveglio melanconico di Pippo Delbono

Un’opera meditativa, che invita a una riflessione sulla perdita e sulla memoria

13 Novembre 2024

Il risveglio di Pippo Delbono, andato in scena al Teatro Metastasio di Prato,

è uno spettacolo carico di emozioni che vibrano e si diffondono, avvolgendo il pubblico in

una riflessione intima e dolorosa.

​​Dopo Amore, anche ne Il risveglio Pippo Delbono intreccia musica e poesia,

per esplorare la memoria, la perdita, e l’intenso legame con persone amate, come Bobò,

suo compagno di scena per oltre vent’anni, e Pina Bausch, la celebre coreografa.

Delbono scava nelle radici del suo dolore più profondo: la perdita di Bobò, storico

membro della sua compagnia e amico da una vita, che Delbono aveva incontrato in un

ospedale psichiatrico e con cui aveva instaurato un rapporto artistico e umano

indissolubile. Era divenuto un simbolo di autenticità per il suo teatro, rappresentando

un’umanità fragile e vera.

Il dolore di Delbono viene espresso e amplificato dalla scelta musicale, che gioca un

ruolo fondamentale in questo spettacolo, non limitandosi a essere un mero

accompagnamento, ma divenendo un vero e proprio personaggio che partecipa alla

narrazione.

Il risveglio di Pippo Delbono © Luca Del Pia
Il risveglio di Pippo Delbono © Luca Del Pia

Lo spettacolo infatti si apre con Domani è un altro giorno, interpretata da Ornella Vanoni

in video, come un’apparizione eterea che evoca la ciclicità del dolore e della guarigione.

Nonostante la sofferenza, c’è sempre spazio per un nuovo inizio, un risveglio.

Non mancano richiami anche all’epoca rivoluzionaria degli anni ‘70, con canzoni come

See Me, Feel Me degli Who e Volunteers dei Jefferson Airplane. Questi brani fanno

risuonare un’energia ribelle e comunitaria, ma qui vengono usati come simbolo di una

rivoluzione ormai passata, un’idea che appare remota e quasi nostalgica, come un’eco

lontana.


“Rivoluzioni interiori” ormai passate, che assumono un tono melanconico, dove la forza

appartiene allo ieri, e l’oggi e il futuro appaiono come un enorme punto di domanda, un

vuoto, colmato parzialmente dall’arte e dal teatro.


Non solo una perdita di persone care, ma anche di quel fervore collettivo e quella

speranza che un tempo sembravano possibili, è quello che sembra suggerire Delbono,

invitando lo spettatore a meditare su come le speranze di cambiamento si trasformino e,

a volte, sfumino con il passare del tempo.

Una lenta elaborazione del lutto emotiva, un insicuro ritorno alla vita, mentre gli attori

della compagnia si muovono in uno spazio scenico desertico, danzando, come in un

rituale salvifico, alla ricerca di un risveglio personale, e universale.

Il risveglio di Pippo Delbono © Luca Del Pia
Il risveglio di Pippo Delbono © Luca Del Pia

Tra i membri della compagnia, si riconoscono alcuni volti noti come Dolly Albertin, Grazia

Spinella e Pepe Robledo, che da anni collaborano con Delbono, che con gesti e danze

offrono una continuità a quel linguaggio poetico e spesso crudo che contraddistingue le

sue opere. Ogni interprete sembra condividere con Delbono un frammento del proprio

vissuto, in un insieme che risulta al contempo corale e individuale.


Gli attori sono affiancati dal violoncellista Giovanni Ricciardi, la cui musica dal vivo

intensifica l’atmosfera malinconica e contemplativa.


Le luci e le proiezioni video giocano un ruolo cruciale, trasformando il palcoscenico vuoto

in uno spazio meditativo, dove cumuli di sabbia e croci amplificano il sentimento di

perdita e il desiderio di risveglio.

In bilico tra il bisogno di andare avanti e l’impossibilità di dimenticare chi non c’è più.

Attraverso Il risveglio, Pippo Delbono non cerca di nascondere il proprio dolore, ma lo

abbraccia e lo trasforma in un’opera che tocca profondamente, invitando a una

riflessione sulla perdita e sulla memoria. In scena non c’è solo un omaggio a Bobò, ma

un messaggio universale sulla nostra capacità di convivere con il vuoto lasciato da chi

non c’è più e su come il teatro, ancora una volta, con il suo potere taumaturgico, diventi

un luogo di resistenza e trasformazione, un rifugio per anime ferite.

 
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